mercoledì 20 aprile 2011

La scuola figlia della società

Tagli ai fondi, libri da riscrivere, professori comunisti... la scuola italiana è proprio in mezzo ad un bel casino. Almeno secondo ciò che fa e dice il Governo del belpaese.
Calamandrei, nel suo discorso del 1950, definiva la scuola un organo costituzionale, affermando: La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente”, proseguendo la sua arringa con la famosa “profezia” su di un ipotetico partito dominante e il suo comportamento verso la scuola pubblica.
Oggi a tutti sembra lampante come l'ipotesi avanzata oltre mezzo secolo addietro si stia verificando, ma è veramente solo questo il motivo del decadimento del nostro sistema scolastico?
Io ritengo che buona parte della colpa risieda anche in noi italiani, popolo di Santi, poeti, navigatori e, si sa, di furbi.
Popolo in cui il Facta lex inventa fraus trova la sua massima espressione.
Popolo che chiama ingenuo l'onesto e furbo il truffatore.
Popolo che sceglie sempre la via più facile, quando c'è... e che la crea qualora non dovesse esserci.
Popolo che ha fatto della raccomandazione uno stile di vita e della meritocrazia una inutile utopia.
E allora ecco affiorare la spiegazione dell'evoluzione della scuola italica, per spiegare la quale, farò un paragone che forse rende meglio ciò che intendo.
Nei paesi anglosassoni (e, credo, in tutti quelli avanzati), le scuole private sono fucine di eccellenze. Organizzazioni religiose, non profit, economiche, gestiscono istituti scolastici di ogni grado, scegliendo i propri studenti attraverso duri test di ammissione. Offrendo borse di studio ai più meritevoli e presentando conti salati agli altri che servono non a rimpinguare le casse, bensì ad allettare con contratti faraonici i migliori insegnanti della piazza, e a costruire potenti infrastrutture che giorno dopo giorno formano la reputazione delle scuole stesse. Insomma un vortice inarrestabile che punta all'alto e non agli abissi.
Lungo la nostra penisola, invece, scuola privata è sinonimo di diplomificio; di luogo dove chi non ha le facoltà mentali o, più semplicemente, la voglia di impegnarsi per conseguire un titolo di studio nella scuola pubblica, può facilmente acquistarne uno che ha lo stesso valore formale di quelli rilasciati dalla suddetta.
Siamo giunti al punto. Ho già parlato in passato di quanto importante sia la meritocrazia in una società, e credo che le condizioni del sistema scolastico di uno Stato, dipendano da quanto sul suo territorio la preparazione e la cultura personale contino per ottenere risultati nel suo sistema socio-economico.

Se mi fermassi qui, qualcuno potrebbe leggere ciò che ho scritto in chiave favorevole verso l'atteggiamento che il Governo italiano ha nei confronti della scuola privata, che cerca di incentivare. Non è assolutamente così, perché, come il buon Calamandrei, in quel lontano 11 febbraio affermò: “La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima”.

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