E alla fine è stato deciso: il 17 marzo sarà festa nazionale.
Nell'anno del 150° anniversario dell'unità, il giorno in cui Vittorio Emanuele II, a Torino, venne proclamato re del nascente Regno d'Italia, sarà festa, anche contro il parere negativo della Marcegaglia, e della lega (ma guarda un po').
Al di là di poche voci contrarie (tra cui anche quella del presidente della provincia di Bolzano), però, il nostro paese è tutto un fervore di eventi celebrativi, uno sventolio di tricolori, una rinascita di orgoglio italico.
Anche io, fino a qualche tempo fa, avrei partecipato volentieri ai festeggiamenti, criticando il punto di vista leghista e, soprattutto, quello di alcuni atesini, che più volte hanno espresso la loro volontà di divenire austriaci a tutti gli effetti. Volete sapere perché “fino a qualche tempo fa”?
Perché il destino ha voluto che, proprio in questo anno così importante per la storia del nostro paese, leggessi un libro che tratta questi 150 anni di storia da un diverso punto di vista.
Il libro in questione è “Terroni”, scritto da Pino Aprile, giornalista e scrittore pugliese, che ha indagato sul processo di unificazione nazionale, portando alla luce documenti e vicende che erano stati nascosti a beneficio di altri che hanno formato la verità ufficiale. Aprile non è il primo, né, speriamo, sarà l'ultimo a trattare l'argomento, favorendo una nuova consapevolezza sudista della grandezza degli stati meridionali preunitari, una nuova fierezza delle proprie origini, troppo a lungo bistrattate dagli storici e da chi, dal settentrione, culla del partito che oggi vorrebbe nuovamente separare la penisola, ha coltivato l'odio verso una terra a torto considerata inferiore.
Già perché, pur condividendo la volontà di non festeggiare questa unità con i vari Bossi e Calderoli, che del “Roma ladrona” hanno fatto il loro slogan più importante, di certo non credo nelle errate convinzioni che portano alla decisione, anzi, queste sono diametralmente opposte.
Il mio professore di storia ci teneva affinché fosse chiara una cosa: l'Unità d'Italia non avvenne per volontà degli stati preunitari, bensì, per annessione di questi al Regno di Sardegna. Questo è un punto cruciale, anzi è il punto, di tutta la storia italiana. Garibaldi non fu un eroe amato dal popolo, ma un conquistatore che al sud guidò un esercito contro i ribelli locali, chiamati briganti, ma in realtà facenti parte (in larga misura) del vecchio esercito borbonico. Al sud avvennero aspri combattimenti, stragi e, soprattutto, saccheggi, rapine ai danni di un'economia che venne smantellata e di una terra che fu resa schiava del governo piemontese. Se osservassimo tutto questo svolgersi in un paese straniero, da che parte staremmo?
E il governo del regno d'Italia prima, e della Repubblica poi, non fecero mai niente per sanare il divario creatosi tra le due parti del paese; neanche soluzioni più recenti, come la Cassa del Mezzogiorno, sono servite (forse perché la Cassa del Mezzogiorno, nata per finanziare interventi straordinari, volti a colmare il gap tra nord e sud, in realtà veniva impiegata per la costruzione di scuole e acquedotti, che avrebbero dovuto essere forniti “ordinariamente” dallo Stato).
Il discorso è ben più ampio e complicato di quanto appena scritto, ma la mia non vuol essere un'opera di convincimento, bensì un semplice stimolo per la vostra curiosità, per la vostra sete di verità. Del resto non è un argomento che si può trattare in poche pagine, se tanti libri a riguardo sono stati scritti come, oltre al già citato “Terroni”, “Il sangue dei vinti” e “I vinti non dimenticano” entrambi di Giampaolo Pansa o “Indietro Savoia!” di Lorenzo Del Boca.
Sia chiaro, il sottoscritto non è neanche fra quelli che vorrebbero una separazione dello stato in varie entità locali. Semplicemente sarebbe giusto che libri, musei e istituzioni abbracciassero una versione dei fatti più vicina alla realtà, nel rispetto di quanti al sud morirono nella lotta ai conquistatori, in difesa delle proprie terre.
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