Il 24 maggio 2011 verrà ricordato nella storia italiana come uno dei punti più bassi della nostra democrazia dopo il ventennio. Oggi la Camera ha votato il decreto Omnibus su cui è stata posta la fiducia, il quale contiene la moratoria sulla costruzione degli impianti per lo sfruttamento dell'atomo. Un ignobile mezzuccio che tenta di scavalcare le consultazioni referendarie, segnando l'inesorabile cammino avviato già il 16 marzo scorso, quando il Parlamento votò contro l'accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative, spostando il voto nell'ultima data disponibile e puntando tutto sul non-raggiungimento del quorum.
La mossa, probabilmente, sarebbe anche riuscita, ma nessuno aveva fatto i conti con la catastrofe giapponese che ha risvegliato nel mondo intero l'annoso scontro tra favorevoli e contrari al nucleare. Il mondo intero ha assistito a quanto avvenuto nel paese del Sol levante. Esperti e meno esperti hanno compreso la gravità della situazione a Fukushima e nazioni come la Germania hanno accelerato il processo di abbandono di questa fonte di energia che la storia ha definitivamente bollato come dannosa e assolutamente insicura. Ovunque ci si è posti delle domande, tranne che nel Belpaese, dove un Premier vecchio e dispotico ha dichiarato “ineluttabile” il futuro nucleare italiano.
Il tutto, se possibile, è aggravato dalle reali motivazioni sottostanti la cocciuta persistenza del Governo, il quale non è mosso da una, errata, ma reale convinzione della validità di questa politica energetica, bensì dalla paura che il quesito sul nucleare trascini i cittadini alle urne consentendogli di esprimersi anche sul legittimo impedimento.
Ora, purtroppo, non resta che sperare nel giudizio della Cassazione, e, soprattutto, nelle coscienze degli italiani che, spero, si rechino alle urne in grandissima maggioranza per decidere consapevolmente del proprio futuro sulla scia di quanto già avvenuto in Sardegna dove il 98% dei votanti ha detto SI per fermare il nucleare.
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