domenica 23 ottobre 2011

Della morte, della vita.


Oggi, a causa di un tragico incidente, ha perso la vita il pilota italiano Marco Simoncelli. R.I.P.


Questo, però, non è un post commemorativo, bensì una breve riflessione sulle reazioni dell'uomo alla morte. Ogni volta che muore un personaggio famoso, sta succedendo oggi ed è successo nei giorni scorsi per la scomparsa di Steve Jobs (ma potrei citare decine di casi), ogni volta che un militare perde la vita in missione, ogni volta che a lasciare questa Terra è qualcuno che in vita ha goduto di una qualche forma di notorietà, l'opinione pubblica si scuote ed esprime il proprio cordoglio. Quest'ultimo sempre più in forma virtuale: facebook e gli altri social pullulano di pagine dedicate a gente scomparsa.
Parallelamente, spunta sempre qualcuno che si indigna e addita la mancanza di rispetto verso tutte le migliaia di morti che passano in silenzio all'aldilà. Morti sul lavoro, morti per indigenza, morti in guerra, ma senza divisa, morti, insomma, nell'ombra e non sotto le luci dello showbiz.
Ebbene, una volta per tutte, è giusto così. Chi si lamenta presume un'uguaglianza ipocrita: non siamo tutti uguali. Non lo siamo in vita (ci sono gli idioti e ci sono i geni, ci sono i belli e ci sono i brutti, i delinquenti e le persone oneste, gli odiosi e i simpatici) ed è giusto che non lo siamo nella morte.
L'uomo è sconvolto dalla morte quando questa tocca la sua quotidianità, ecco perché un pilota che scompare, per di più in diretta tv, toccherà i cuori di tutte quelle persone che lo avevano in qualche modo conosciuto, seguito, mentre un operaio che vola da un'impalcatura lascia tutti indifferenti, tranne i suoi familiari. Siamo bestie mosse dalle emozioni: se il cancro stronca un manager statunitense che nel corso della sua carriera ha saputo trasmettere emozioni a milioni di persone è normale che tutte provino qualcosa e lo dimostrino mentre se viene fucilato un dissidente siriano le stesse persone se ne sbattano le palle. Perché la nazione piange i militari caduti? Perché ad essere colpito è un simbolo, non una semplice persona. Il simbolo di una nazione intera che per questo viene toccata. Ed essere pagati profumatamente per svolgere il proprio lavoro e morire facendolo non cambia proprio nulla. Lo stipendio è solo una legge di mercato.

La morte è parte della vita, non rispetto il cadavere di chi non rispettavo da vivo e non tratto da Santo chi in vita era uno stronzo; sacralità e religiosità della morte sono idiozie inventate dall'uomo, gli esseri viventi nascono e muoiono in continuazione e il mondo continua a girare. È sbagliato mancare di rispetto al corpo di un sanguinario dittatore? No, è ciò che si è meritato in vita.

Molti di quelli che si lamentano della disparità di trattamento dei morti sono poi gli stessi che si mobilitano se, ad esempio, viene ucciso un volontario di Emergency, credendo di farlo perché ammirano il volontariato e ignorando di essere mossi solo perché il suddetto è parte di una grande associazione conosciuta nel mondo intero. È giusto, però, che un evento simile venga riportato dai media: le morti sono diverse perché diverse sono le vite che le hanno precedute, ma anche perché diverse sono le loro cause. La tragicità spettacolarizza, fa notizia e commuove.

Spero di non aver fatto troppa confusione.

A Marco un saluto: mi sei sempre stato antipatico, ma ammiravo le tue capacità; non metterò la tua foto come avatar perché la tua oscena pettinatura non entra nel riquadro. R.I.P.

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