Mancava solo il suono del primo missile. È arrivato. Da qualche ora è partita l'operazione Odyssey Dawn che vede Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti impegnate a bombardare la Libia con l'appoggio, per il momento solo logistico, dell'Italia.
La certezza che, alla fine, si sarebbe arrivati a questo le avevamo avute quando, qualche giorno fa, le portaerei della marina militare statunitense erano entrate nel Mediterraneo. Non erano venute per il tour delle isole greche.
È guerra. È inutile vestirla di buoni propositi, stupido darle altri appellativi, assurdo viverla come uno show. È guerra perché cambiano i luoghi, gli attori, le motivazioni, ma non le facce, che rimangono uguali, così come le immagini diffuse dai giornali e dalle tv.
Questa volta, però, ad essere diversa è la posizione italiana. Posizione diplomatica, perché il nostro Governo non si è schierato immediatamente al fianco di Sarkozy e Obama; perché nel recente passato il nostro paese aveva più volte ospitato Gheddafi, trattandolo con tutti gli onori riservati a qualunque altro capo di stato, anzi, con maggiore, inspiegata, deferenza (famosissimo l'episodio del baciamano di Berlusconi al colonnello). Posizione geografica, perché siamo i più vicini al teatro di guerra, Lampedusa è a un tiro di schioppo dall'Africa e, qualunque cosa dica il nostro Presidente del Consiglio riguardo la gittata dei missili libici, il 15 aprile del 1986, due Scud lanciati contro un'istallazione LORAN americana arrivarono fin sull'isola siciliana. Questa volta, qualcuno ha paura anche nel belpaese. Paura vera.
Intanto in TV è cominciata la lunga maratona degli sciacalli. L'informazione si confonde al voyeurismo, come da tradizione, e punta a soddisfare il bisogno di immagini, di scoop, di orrore, dei telespettatori che non riconoscono il significato di un evento di questa gravità (come di molti altri), perché assuefatti alla violenza. Vogliono solo osservare avidamente ciò che accade, sentire l'ennesimo opinionista, figura chiave dell'informazione – se così posso chiamarla – moderna, guardare l'ultimo plastico, andando poi a dormire come niente fosse. Sperando di evitare un brusco risveglio.
Non esistono guerre senza morti. La prima stima, fatta dal regime libico, parla di 48 vittime dei bombardamenti. Ci saranno molte stime differenti, ma il risultato non cambierà. E, secondo il realismo offensivo che John Mearsheimer spiega in “La logica di potenza”, non esistono neanche guerra combattute per la sola ricerca della giustizia. Non siamo di fronte ai dossier di Bush sull'Iraq, ed è certo che Gheddafi va fermato, ma, potevano esserci altre soluzioni?
Può darsi, intanto speriamo che il cielo sopra Bengasi ritorni più azzurro che mai.
P.S. A riprova di quanto ho affermato in questo articolo, cercate di capire quale tra le due immagini di cui esso è corredato si riferisce a Odyssey Dawn e quale appartiene a Iraqi Freedom.
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