giovedì 8 aprile 2010

Un imbroglio chiamato TAV

Una volta tanto non sarà solo lo Stato a impegnarsi totalmente nella copertura delle spese, saranno invece manager avveduti e finanzieri navigati, uomini, insomma che nel sistema Alta Velocità hanno visto un affare interessante e remunerativo a dare il contributo più significativo (il 60% dei finanziamenti sarà privato e il restante 40% sarà pubblico)”.
Questo recitava il documento con il quale veniva promosso il progetto per la rete dell'Alta Velocità, la famosa (famigerata) TAV, quando nel 1991 Ministro del Bilancio era Paolo Cirino Pomicino e Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Quest'ultimo, proprio riguardo al progetto delle Ferrovie dello Stato dichiara che gli errori si possono anche commettere, certo, errare è umano, ma qui non ci troviamo di fronte ad uno sbaglio, bensì ad una vera e propria truffa ai danni del popolo italiano. Prima di spiegarvi come stanno le cose, però, vorrei introdurre brevemente qualche concetto che ci tornerà utile in seguito: come tutti voi saprete quando un ente pubblico decide di realizzare un'opera deve indire una gara d'appalto per assegnare i lavori alla società che sarà in grado di offrire le condizioni economiche più vantaggiose. A volte però può avvenire qualcosa di differente: lo Stato (o altro ente appaltante che sia) consegna i soldi ad un GENERAL CONTRACTOR, figura introdotta dalla Legge Obiettivo nel 2001, e cioè un soggetto unico al quale è affidata la realizzazione delle infrastrutture, dalla progettazione alla direzione dei lavori fino alla loro assegnazione in subappalto.
Ora passiamo ai fatti, al posto dei 15 miliardi di euro inizialmente previsti, la TAV ne è costata 32 (a cui bisogna aggiungere le stazioni ancora da costruire, alcuni treni ancora non acquistati e soprattutto gli interessi sui debiti contratti dallo Stato) divenendo l'opera pubblica più costosa della storia italiana. La tratta Milano – Torino, ad esempio, è costata 7,788 miliardi di euro per un totale di 125 km di linea più 19 km di interconnessioni, vale a dire 54 milioni di euro al km; ma è un prezzo giustificato? Mentre nel nostro paese veniva realizzata questa linea, in Francia si costruiva la tratta Parigi – Strasburgo, dedicata al TGV francese (attuale detentore del record mondiale di velocità su rotaia con oltre 570 km/h), anch'essa su un territorio pianeggiante come la MI-TO, terminata nel 2007 e costata 4 miliardi di euro per 300 km, pari a 12 milioni di euro al km.
Ma perché la TAV è costata quattro volte la linea francese? La risposta a questa domanda è relativamente semplice: perché la MI-TO è stata costruita lungo l'autostrada, nonostante il parere negativo dell'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, e non accanto alla linea ferroviaria esistente, con il risultato che è stato necessario costruire alcuni caselli, 17 svincoli, 3 aree di servizio e 142 tra cavalcavia e sottopassi, tutti con soldi TAV.
E perché è stata imposta questa scelta? Chi ne ha tratto il vantaggio maggiore?
Per capire se effettivamente qualche soggetto ha tratto un beneficio da questa scelta osserviamo la “catena dei lavori” con cui la TAV è stata realizzata: RFI, la società delle ferrovie che gestisce la rete, non effettua i lavori ma delega la società TAV spa, la quale dà incarico alla FIAT di ricoprire il ruolo di general contractor; l'azienda torinese si fa sostituire in questo ruolo da Cav.TO.MI (Consorzio Alta Velocità Torino Milano) – controllato da IMPREGILO – la quale affida i lavori al consorzio Biandrate il cui socio di maggioranza è la ditta Grassetto.
Fin qui sembrerebbe una “semplice” catena di subappalti ma...dal 2005 uno dei soci di IMPREGILO è un imprenditore di nome Gavio. Il Gruppo Gavio è proprietario della Grassetto, ed è il concessionario dell'autostrada TO-MI.

E allora il Gruppo Gavio gestisce l'autostrada che beneficia di tutti i lavori fatti con i soldi TAV, il Gruppo Gavio esegue i lavori, e sempre il Gruppo Gavio è socio del general contractor che dirige e controlla tutte le operazioni.

Questo triplice ruolo è legale ma...è conveniente per noi?
Il Ministero delle Infrastrutture tramite una relazione del Servizio Alta Sorveglianza delle Grandi Opere segnala alcune “anomalie nelle effettuazioni dei lavori della linea Torino – Milano” paventando “il rischio di una grave commistione di lavori nella realizzazione degli svincoli autostradali del cantiere di Biandrate inerente all'Autostrada Torino – Milano gestita da una società per azioni appartenente anch'essa al Gruppo GAVIO”.

Questo sistema ha condizionato la realizzazione dell'intera tratta Torino – Milano – Napoli così come ha evidenziato anche l'autorità di vigilanza sui contratti che, in riferimento alla struttura contrattuale di tutta l'opera, scrive: “nell'esecuzione delle opere si è costituita una sorta di struttura piramidale articolata ed allungata: TAV – General contractor – imprese conferitarie – imprese terze e subappaltatori eventuali sub-subappaltatori con la conseguenza che su gran parte delle sub-tratte più soggetti hanno potuto trarre un utile ed in particolare il general contractor ha potuto lucrare un extra-profitto sfruttando la sua posizione strategica di intermediario”.

Insomma l'inefficienza, voluta o dovuta ad incompetenza, ha causato danni gravissimi; per attraversare gli Appennini, per esempio, ci sono voluti 73 km di gallerie, 68 milioni di euro al km, 5 miliardi 877 milioni di euro in tutto, tre volte in più del previsto a cui andranno aggiunti 600 milioni di euro di danni ambientali non previsti.

Voi credete che lo Stato, vedendo lo sviluppo dei lavori, sia intervenuto in qualche modo? Il Governo Prodi aveva deciso di rimettere i lavori della TAV a gara, ma, successivamente, il Governo Berlusconi ha riassegnato il tutto agli stessi general contractor che nel 1992 avevano ottenuto il mandato, senza alcuna gara.

Ai problemi derivanti dalle varianti di progetto e dagli imprevisti si sommano anche scelte progettuali del tutto inspiegabili come, ad esempio, la realizzazione della nuova stazione e dei binari dedicati alla TAV nella città di Firenze, sotterranei, per un costo di oltre 1,5 miliardi di euro.

Ma tutte queste spese che, come abbiamo inizialmente detto, non sono state affatto coperte da capitali privati, chi le ha sostenute?
Eccoci arrivati al vero punto cruciale di tutto il problema. La truffa organizzata nel 1991 ebbe epilogo nel 2002 quando era chiaro che alcun privato avrebbe mai investito nel progetto, e lo Stato tentò tramite la costituzione di una società chiamata ISPA, costruita ancora con l'ipotesi di finanziamenti privati per evitare l'iscrizione dei costi per la TAV nel già enorme debito pubblico del nostro paese, di far fronte alle ingerenze economiche della TAV, l'UE, dopo qualche anno, si accorse dell'imbroglio e costrinse l'Italia a ripianare tutti i debiti versando 12,5 miliardi di euro cash.
Finanziare la TAV ha costretto il nostro Stato a contrarre numerosi debiti con varie banche d'affari (molto meno convenienti rispetto all'emissione di BOT).

E chi pagherà l'opera pubblica più costosa della nostra storia?
Noi, la nostra generazione e quelle future, 2 miliardi di euro all'anno per circa 30 anni.

Di tutta questa storia esiste un dossier molto più accurato, realizzato da Alessandro Sortino per il programma Presa Diretta, andato in onda qualche mese fa su Rai Tre, che potete trovare in versione integrale sul sito internet della trasmissione nella puntata “La Stangata”.

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