La campagna
elettorale. Che splendido periodo. Gente che si riavvicina alla politica e
politici che si riavvicinano alla gente. Progetti concreti che prendono forma.
Problemi che vengono affrontati, discussi. Volontari instancabili che lavorano
giorno e notte mossi dalla passione.
Questo
almeno è quanto succede in un paese “normale”.
Nessun
candidato premier fa bagni di folla. Nessuna foto, in stile USA, di pretendenti
al ruolo di guida del paese che stringono mani per strada. Niente comizi, ad
eccezion fatta per Grillo, il quale riempie le piazze di gente felice di
assistere ad uno spettacolo comico gratuito.
Programmi misconosciuti, annunci roboanti, promesse che saranno
puntualmente disattese. Tutto in un grande calderone, a creare una surreale
atmosfera di impotenza degli elettori proprio nel momento in cui questi
dovrebbero avere il maggior peso nella decisione del futuro dello Stato. Solo in
Italia.
Solo in Italia ci sono 215 partiti. Pronti a contendersi le
preferenze buttando fumo negli occhi di un elettorato esasperato dalla crisi
economica, ma che non ha la piena consapevolezza di quanto fragile sia il
futuro del Belpaese e quanto labile sia il confine tra una ripresa economica,
seppur dura e difficile, e il baratro. Perché
sono convinto di questo? Perché è l’unica spiegazione possibile alla
resurrezione di Silvio Berlusconi. Perché solo in Italia un leader politico
potrebbe tornare in auge così prepotentemente senza risentire degli
innumerevoli scandali che avrebbero dovuto distruggere la sua credibilità. E,
invece, eccolo qui: ha spazzato via le primarie del PDL, ridimensionato il
ruolo di Angelino Alfano (semmai ne avesse avuto uno), ricucito l’alleanza con
la nuova (?) Lega di Maroni e avviato un bombardamento mediatico fatto di
dichiarazioni a 360° e di incredibili, nell’era dell’informazione, smentite
quotidiane che gli hanno permesso di colmare il gap col PD.
Già, il PD. Solo in Italia Bersani può battere Renzi alle
primarie. Il vecchio che sconfigge il nuovo. Uno che fa politica dal 1980
riesce a sorpassare il Sindaco di Firenze, accusato da molti di essere troppo “di
destra”. Ma, tralasciando questo piccolo particolare, in quale altra democrazia
del pianeta un partito politico può passare indenne uno scandalo come quello
del Monte dei Paschi di Siena e non essere completamente spazzato via?
Tra le due coalizioni si pone Monti. Chiamato a presiedere
il Governo tecnico circa un anno fa, sostenuto prima e lusingato poi da
Berlusconi, designato a successore di Napolitano per il Colle e, infine, finito
anch'egli nell'agone elettorale a fianco a Fini e Casini e col supporto di
Montezemolo. Sia chiaro, io credo sia proprio Monti ciò di cui l’Italia ha bisogno
in questo momento (e i motivi sono sempre questi), ma è impossibile non criticare
la coalizione che lo sostiene, piena di contraddizioni, di riciclati, di
vecchiume politico che certo bene non fanno all'immagine del Professore.
Il Movimento 5 Stelle è la vera novità nel panorama politico
nazionale, ma più passa il tempo e meno sono convinto dai seguaci di Grillo. Un’orda
di delusi dai vecchi partiti, tutti modellati con uno stampino, pronti a
ripetere pedissequamente le direttive del parolaio genovese, abile comunicatore
che ha infarcito la sua campagna di neologismi canzonatori e, seppur meritevole
di aver risvegliato molte coscienze, pur sempre colpevole di aver creato un
mostro che, con le sue epurazioni di dissidenti e rifiuto dei confronti, troppo
si avvicina all'opposto di un vero movimento democratico.
Infine, Giannino e Ingroia. Il primo portatore sì di buone proposte in campo economico, ma oscurato dall'incubo del "voto utile" e il secondo che, ponendosi all'estrema sinistra di tutti
gli altri candidati, ha fornito un assist terribile a Berlusconi,
rappresentando l’esempio concreto della famigerata magistratura comunista richiamata
dal cavaliere ad ogni apparizione pubblica. Insieme difficilmente
raggiungeranno quota 10%.
Fortunatamente tutto questo sta per finire.
O no?
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